Biografia di Emma Calderini

(1899-1975). Nata a Ravenna, pubblicista, dal 1920 iniziò a collaborare ad alcuni periodici femminili come «Lidel», «Moda» e «Grazia», specializzandosi in storia dell’abbigliamento e facendosi notare come disegnatrice di moda. Nel 1922 si trasferì a Milano, dove proseguì la sua attività giornalistica per le redazioni di «Alba», «Domenica del Corriere» e lo «Ambrosiano». Le prime prove come costumista risalgono al 1928, quando partecipò alla messa in scena dell’Alcesti di Euripide al teatro Greco di Agrigento, e di due tragedie di Ettore Romagnoli: Il Mistero di Persefone e Il carro di Dioniso, al Licinium di Erba. La lettura essenziale del mondo classico restituita dai costumi della Calderini piacque alla ballerina Jia Ruskaja, che le commissionò i bozzetti per i suoi spettacoli imponendola come una delle artiste più attuali del teatro italiano, accanto a Bruno Munari, Luigi Veronesi, Maria Signorelli e a Titina Rota, accomunati, secondo Prampolini, dalla capacità di dare una fisionomia caratteristica ai loro modelli costruiti, ai bozzetti colorati, alle loro maschere e costumi originalissimi. Studiosa attenta del costume popolare italiano, di notevole cultura e particolarmente sensibile alla evoluzione del gusto teatrale, la Calderini lavorò negli anni successivi a tutti i generi di spettacolo: dall’opera alla rivista teatrale, dalla tragedia alla commedia brillante, portando il contributo di figurini funzionali, in carattere con l’atmosfera dell’allestimento e con la cornice storica del testo. Nel 1930 firmò i costumi per Le furie di Arlecchino di Adriano Lualdi e dei Dispettosi amanti di Attilio Parelli; nel 1932 la regia della Vedova scaltra, rappresentata al teatro Valle di Roma e, l’anno successivo, ancora i costumi, per gli spettacoli di balletto di Maria Gambarelli. Nel 1934 pubblicò Il costume popolare in Italia, Sperling e Kupfer ed. Milano: una raccolta di bozzetti dell’abbigliamento regionale che testimonia l’attività di ricerca dell’autrice e l’attitudine, evidente per altro anche nelle sue realizzazioni per il teatro, a preferire una utilizzazione intelligente di materiale storico a proposte originali o innovative. Questa pubblicazione le valse nel 1935 l’incarico di riordinare il Museo etnografico italiano di villa d’Este a Tivoli e la possibilità di esporre alcuni dei suoi figurini alla Mostra internazionale di scenografia teatrale che ebbe luogo nel 1936 presso la VI Triennale di Milano. Nel 1937 tornò al teatro con i costumi per La finestra di Vittorio Alfieri, opera con la quale venne inaugurato a Roma il teatro delle Arti. Con la Compagnia delle Arti lavorò negli anni successivi collaborando all’allestimento di Al di là dell’orizzonte di Eugene O’Neill, Cavalleria rusticana e La lupa di Verga, La nuova colonia di Pirandello, Regina di maggio di Max Kalbeck per la stagione musicale del teatro delle Arti del 1941; prese parte inoltre a messe in scena di altre importanti compagnie: Borboni, Adani, Gramatica, e ad alcuni lavori della Compagnia universitaria di Roma. Durante la guerra partecipò alla realizzazione di alcuni film: Boccaccio di Marcello Albani e Il cavaliere di Kruja di Carlo Campogalliani nel 1940, Quattro passi fra le nuvole di Alessandro Blasetti nel 1942 e La danza del fuoco di Giorgio Simonelli nel 1943. Nel dopoguerra prese parte ad allestimenti di grande interesse: Macbeth ed Edipo re nel 1945 per la Compagnia dei grandi spettacoli, Assassinio nella cattedrale di Tomas Eliot nel 1947 con costumi “di un’indovinata austera semplicità” (Carelli), Mirra Efros di Jakov M. Gordin per la compagnia Pavlova, Intermezzo di Jean Giraudoux nel 1950, Il ballo dei ladri di Jean Anouilh e Apollo di Bellac dello stesso Giraudoux per il Piccolo Teatro di Milano nel 1952 e nel 1953.

Tra il 1950 e il 1955 fu collaboratrice stabile al Teatro Massimo di Palermo, dove tornò tra il 1972 e il 1975 saltuariamente. Per il teatro palermitano firmò: La Gioconda di Amilcare Ponchielli e Werther di Jules Massenet (1954); Manon di Jules Massenet e Il Cappello di paglia di Firenze di Nino Rota (1955); Il Combattimento di Tancredi e Clorinda di Claudio Monteverdi (1955, FS); Cavalleria rusticana di Pietro Mascagni, Carmen di Georges Bizet, La Grançeola di Adriano Lualdi, L’Arlesiana di Francesco Cilea, La Forza del destino di Giuseppe Verdi, Pantea di Michele Lizzi (1956); I Vespri siciliani di Giuseppe Verdi, Rigoletto di Giuseppe Verdi, Il Barbiere di Siviglia di Gioacchino Rossini, Andrea Chenier di Umberto Giordano, I Racconti di Hoffmann di Jacques Offenbach (1957); Rigoletto (1960); La Forza del destino (1961); Rigoletto (1962); Andrea Chénier (1971/72); Cavalleria rusticana, Pagliacci di Ruggero Leoncavallo (1974); Tosca di Giacomo Puccini (1975/76).

Nel 1962 pubblicò, sempre con la Sperling e Kupfer di Milano, Acconciature antiche e moderne.

L'opera

Produzione: Teatro Massimo, Palermo


Stagione: 1954


Opera: Werther (1887, prima rappr. Staatoper, Vienna, 1892; prima rappr. It., Teatro Lirico Internazionale, Milano, 1894)


Autore: Jules Massenet, su libretto di Edouard Blau, Paul Millet, Georges Hartmann.


Regia: Corrado Pavolini


Direzione d’orchestra: Giannandrea Gavazzeni


Scenografia: Umberto Zimelli


Costumi: Emma Calderini


Sartoria: Pipi, Palermo


Note: un nucleo di n. 6 bozzetti originali per il Werther palermitano (non autografi ma riconducibili in tutto alla mano della Calderini) è conservato presso l’archivio della Sartoria Teatrale Pipi, Palermo. Ad esso si affiancano n. 5 tavole a colori da un’edizione illustrata per i tipi del parigino Menestrel-Heugel. Ulteriori quattro schizzi (matita; matita acquerellata) e n. 6 bozzetti (pastello) della stessa Calderini sono forse riconducibili agli intermezzi (tableaux) dell’opera stessa. Infine, una nota campionaria di stoffe, di mano della Calderini ed annotata da Antonino Pipi, riferisce dell’abito di Werther nel II atto. Nella notula appuntata al foglio si legge: TORREGIANI / V. ROMA. Completa il nucleo documentario cartaceo una nota costumistica di mano di Antonino Pipi, con l’elenco di tutti i personaggi dell’opera, divisa (sul recto e sul verso) in soli tre atti.

Un secondo nucleo documentario di sette fotografie, illustra i cantanti d’opera della produzione palermitana.

 Cast, Palermo 1954

Charlotte, una giovane donna: Clara Petrella (soprano)

Sophie, sua sorella: Beatrice Preziosa (soprano)

Werther, un giovane poeta: Giuseppe Di Stefano (tenore)

Albert, fidanzato di Charlotte: Mario Borriello (baritono)

Le Bailli (il Podestà), padre di Charlotte: Franco Calabrese (basso)

Schmidt, amico di Bailli: Franco Taino (tenore)

Johann, amico di Bailli: Leonardo Monreale (baritono)

Katchen, fidanzata di Bruhlmann: Ninni Marino (mezzosoprano)

Un articolo di Cecil Smith per la rivista «Opera» (Sicilian journey. With a postscript on Naples and Zurich, «Opera», V, 6, giugno 1954, pp. 27-31). illustra in dettaglio la produzione palermitana di quell’anno:

At a top price of about £6 a seat, the Teatro Massimo in Palermo invited its patrons to attend a new production of Massenet’s Werther on March 26. This well-nigh extortionate figure presumably reflected the size of the fees Giuseppe di Stefano and Clara Petrella asked in return for their services at the chief Sicilian opera house. If I am wrong in this guess, I do not know what the money did go for, since Umberto Zimelli’s new scenery was of the bargain-counter variety. It is unfair, of course, to judge an opera house by a single performance. (Imagine assessing the merits of Covent Garden solely on the basis of last autumn’s Tosca But this Werther, if it is typical, left the impression that Palermo is lagging far behind Naples and Rome in the practices of up-to-date stagecraft. The scenes were skimpy and characterless efforts to create a romantic aura; they had neither the elaborate literalism of true period settings nor the apt suggestion of the best modern design. And the stage direction was as spineless as the stage picture, wanting in cheer in. the first scene (what an acid-voiced virago of a Sophie Beatrice Preziosa was!) and depending on the personal efforts of the principal artists for the requisite mood of romantic melancholy later on.

When Mr Di Stefano and Miss Petrella were on the stage, however, the surrounding shortcomings seemed unimportant, as such shortcomings frequently do when first-class singers lift their voices on an Italian stage. The tenor’s recent recordings have made his present vocal condition a subject of much speculation. On this particular evening his singing was of a quality to confound the prophets of doom who fear that his best days are numbered. I have heard Mr Di Stefano repeatedly ever since his salad days at the Metropolitan. I have never heard his voice sound as warmly beautiful (though the top tones are not as light and lilting as they once were), and I have never heard him accomplish an entire part with such exceptional artistry. In response to a merited ovation, he repeated the second half of Ah, non ml ridestar (clearly by pre-arrangement), despite the no-encore rule; and I confess that I was as delighted as everyone else to hear it again.

Miss Petrella made Charlotte moving and believable; even Mary Garden, I feel sure, would have approved of the subtle and rich inflections with which she fitted the Italian translation to the very French melodic and rhythmic contours of the music. Miss Petrella may be out of her element in pure bel canto opera, but in Werther she showed herself to be one of the choicest singing actresses, and she made us wish that the stolid conductor, Gianandrea Gavazzeni, had been able to discover along with her the best theatrical qualities of the score.

Ancora, dalla medesima rivista, una fotografia di scena ritrae Giuseppe Di Stefano nella produzione di quell’anno.

Del Werther palermitano la Biblioteca del Teatro Massimo di Palermo conserva n. 24 figurini originali, da inv. 2523 a 2546 (Raccoglitore 4, Figurini, 1954-1955) e n. 19 fotografie in BN (Arch. fotografico, Racc. 1).

Schede tecniche e documenti